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Iperandrogenismo nelle donne in post-menopausa: non è solo una questione di avanzamento dell’età e di un nuovo bilancio ormonale

L’iperandrogenismo è associato a un elevato rischio di eventi cardiovascolari e di neoplasie ginecologiche, oltre ad avere un impatto sul benessere emotivo delle donne affette, pertanto è importante che venga adeguatamente valutato nel periodo post-menopausale


L’iperandrogenismo è l’espressione clinica di un’aumentata secrezione di androgeni, di una maggiore sensibilità dei recettori periferici o di una combinazione di entrambi i meccanismi. È caratterizzato clinicamente dalla presenza di irsutismo, acne, seborrea e alopecia androgenetica.

Poiché i sintomi dell’iperandrogenismo nelle donne in post-menopausa sono frequenti ma lievi, vengono spesso attribuiti ai cambiamenti fisiologici associati all’aumentare dell’età e quindi non si procede a una loro valutazione clinica e biochimica.

Anche in virtù del fatto che un eccesso di androgeni può esercitare un impatto sulla resistenza insulinica, sui fattori di rischio cardiovascolare e sulle neoplasie ginecologiche, un gruppo di esperti ha condotto una revisione della letteratura internazionale al fine di elaborare delle raccomandazioni per la valutazione diagnostica dell’iperandrogenismo.

Per quanto concerne i dati di maggiore rilevanza, l’irsutismo è considerato il migliore marker di iperandrogenismo dal punto di vista dermatologico. Questo segno deve essere differenziato dall’ipertricosi, che non sembra sensibile alla stimolazione androgenica, e può essere quantificato attraverso lo score di Ferriman e Gallwey modificato, ricordando però che tale strumento è stato validato soprattutto nelle donne in pre-menopausa. Altro elemento da valutare è il background ginecologico della paziente, che include l’età al menarca e alla menopausa, storia di cicli mestruali irregolari, infertilità e segni di iperandrogenismo durante l’età riproduttiva. Infine è utile raccogliere informazioni anche circa eventuali passate variazioni nel peso corporeo o l’assunzione di farmaci o steroidi anabolizzanti.

Dal punto di vista biochimico, è importante ricordare che il testosterone libero rappresenta l’androgeno più potente in circolazione e il determinante primario dell’irsutismo, tuttavia i suoi livelli plasmatici possono non correlare con le evidenze cliniche nel 20-40% dei casi. Sono stati quindi proposti il Free Androgen Index (FAI) e un sistema basato sulla dialisi di equilibrio, ma entrambi sembrano difficili da implementare nella routine.

Free Androgen Index (FAI) = testosterone totale (nmol/l) / globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG, nmol/l) × 100

Una volta confermata la presenza di iperandrogenismo è necessario definirne l’eziologia: esistono infatti cause funzionali e oncologiche. Tra le prime si annoverano la sindrome dell’ovaio policistico, l’iperplasia adrenalica congenita, l’ipertecosi ovarica, malattie endocrine (per es. la sindrome di Cushing) e cause iatrogene (per es. glucocorticoidi, farmaci antiepilettici, androgeni, steroidi anabolizzanti).

L’ipertecosi è causa del 9,3% dei casi di iperandrogenismo nelle donne in post-menopausa

Tra le seconde, invece, si evidenziano adenomi e carcinomi adrenergici e tumori ovarici: la diagnosi differenziale fra tumore adrenergico e ovarico dovrebbe basarsi sulla presentazione clinica e sui dati di laboratorio prima di procedere a esami di imaging.