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Monitorare e gestire adeguatamente il delirio associato alla sepsi in UTI per outcome dei pazienti e carico lavorativo infermieristico migliori

Un recente studio ha preso in considerazione i principali fattori di rischio per lo sviluppo di delirio associato alla sepsi in pazienti ricoverati in UTI e come questi aggravino il carico lavorativo del personale infermieristico così da provare a identificare delle strategie preventive


La sepsi è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di delirio: infatti dal 25% al 33% dei pazienti con sepsi presenta una sintomatologia a livello neurologico variabile fra confusione, agitazione, coma e delirio associato alla sepsi (SAD).

Benché non siano ancora stati definiti dei criteri diagnostici universali per il SAD, quest’ultimo sembra risultare da una combinazione fra neuroinfiammazione e peggioramento della perfusione cerebrale, elementi che si registrano comunemente nei pazienti che sviluppano una disfunzione degli organi legata a un’infezione.

Secondo dati di letteratura il SAD interessa il 20-53% dei pazienti con sepsi in UTI in funzione dei criteri diagnostici considerati.

Per limitare il rischio di SAD è importante che il paziente sia monitorato e gestito in modo adeguato e tempestivo: qual è l’impatto di questo controllo attento sul carico lavorativo del personale infermieristico operante nelle unità di terapia intensiva (UTI)?

Un gruppo di autori ha provato a rispondere a questa domanda conducendo uno studio descrittivo e di correlazione su 158 pazienti ospedalizzati in UTI e sul personale infermieristico attivo durante i turni mattutino e pomeridiano.

I dati sono stati raccolti attraverso il Confusion Assessment Method for the Intensive Care Unit (CAM-ICU), la Ramsay Sedation Scale (RSS), il Sequential Organ Failure Assessment (SOFA) e il Therapeutic Intervention Scoring System-28 (TISS-28), oltre che con un questionario realizzato ad hoc.

I pazienti, in maggioranza donne (73,4%), avevano un’età media di 62,78 ± 20,62 anni e nel 42% circa dei casi erano stati trasferiti un UTI dal reparto di urgenza. Inoltre quasi l’82% dei pazienti presentava comorbilità (soprattutto ipertensione, tumori e insufficienza cardiaca cronica) e solo nel 17,1% dei casi si è ricorso alla ventilazione meccanica invasiva.

Dei 158 pazienti ricoverati, 20 hanno sviluppato sepsi, 63 delirio e 16 SAD. Questi ultimi avevano un’età media maggiore rispetto agli altri, così come vi era una percentuale superiore di uomini.

Nei pazienti che hanno sviluppato SAD sono risultati significativamente superiori anche i seguenti fattori di rischio per SAD: presenza di comorbilità, uso della ventilazione meccanica invasiva, nutrizione con sondino nasogastrico, totale dipendenza dall’operatore infermieristico, ricorso alla contenzione fisica o chimica, rottura del ciclo del sonno. Valori superiori sono stati registrati anche a livello dei punteggi medi SOFA e Acute Physiology and Chronic Health Evaluation II (APACHE II), di proteina C reattiva e lattato, mentre quello alla Glasgow Coma Scale (GCS) era significativamente inferiore.

Altri dati interessanti indicano che il 36% dei pazienti che hanno sviluppato SAD presentava una pressione arteriosa media <65 mmHg e che le variabili presenza di infezione, utilizzo di antibiotici, trattamento con farmaci vasopressori, terapia sostitutiva renale continua, iperglicemia, ipossia, International Normalized Ratio ≥1,2 s e creatinina ≥1,2 mg/dl influivano in modo significativo sullo sviluppo di SAD.

Per quanto concerne il carico di lavoro del personale infermieristico, i pazienti con SAD richiedevano cure per 1,8 ore in più, quelli con sepsi per 1,3 ore in più e quelli che sviluppavano delirio per 1,1 ore in più.

Un’analisi di regressione dei dati ha inoltre consentito di determinare il “peso” di diverse variabili sul cambiamento totale del punteggio TISS-28 e quindi sul carico di lavoro:

Variabile% della variazione totale del TISS-28 ascrivibile alla variabile
Sepsi14,2%
Delirio24%
SAD22,8%
Punteggio SOFA, livello di lattato, proteina C reattiva, punteggio GCS, punteggio APACHE II medio, età43,5%
Sesso maschile, presenza di infezioni, uso di antibiotici, pressione arteriosa media <65 mmHg, farmaci vasopressori, ventilazione meccanica invasiva, comorbilità, contenzione fisica59,4%

In conclusione, benché l’incidenza di SAD in questo studio sia risultata inferiore a quella riportata in letteratura, il disturbo ha comunque determinato un aumento significativo del carico di lavoro del personale infermieristico e molti dei fattori di rischio per lo sviluppo di SAD sono a loro volta fattori in grado di aumentare il carico lavorativo: agire su questi fattori, pertanto, potrebbe portare un duplice beneficio.