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È necessario intervenire sui fattori di rischio per delirio negli anziani in unità di terapia intensiva cardiologica per ridurre gli outcome scadenti a breve e lungo termine

Sulla base della propria esperienza, un gruppo di clinici ha individuato i fattori di rischio per lo sviluppo di delirio in soggetti anziani ricoverati in unità di terapia intensiva cardiologica: ritenzione urinaria acuta, fecaloma, posizionamento di catetere urinario e uso di oppioidi


È stato stimato che, in Europa, il delirio colpisce il 15-20% dei pazienti delle unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC) e si associa a outcome sfavorevoli. Inoltre è aumentato il numero di pazienti >75 anni ricoverati in tali unità, nei quali si è osservato un aumento dell’incidenza proprio di delirio.

A livello europeo il delirio interessa il 15-20% dei pazienti ricoverati in UTIC.

Al fine di comprendere meglio i fattori associati al delirio e l’impatto di quest’ultimo sulla durata dell’ospedalizzazione e sui decessi intraospedalieri, un gruppo di clinici francesi ha analizzato i dati raccolti nel database del loro centro di riferimento ricoverati in UTIC tra gennaio e dicembre 2018.

In totale sono stati considerati 451 pazienti (47% uomini), di età mediana 83 anni, con un punteggio mediano al Charlson Comorbidity Index (CCI) pari a 1 e autonomi nella maggior parte dei casi (l’82% circa riusciva a camminare senza assistenza).

Il 62,5% dei pazienti presentava ipertensione arteriosa, il 37% una malattia coronarica, il 10% una storia di ictus/TIA e il 16% di compromissione cognitiva. Inoltre la frazione di eiezione del ventricolo sinistro mediana era del 55% e diverse proporzioni di pazienti erano in trattamento con benzodiazepine, antidepressivi, zopiclone o un SSRI.

L’analisi dei dati ha rivelato che, al momento dell’ammissione in UTIC, la prevalenza di delirio era del 6,8%, mentre la frequenza era pari all’11,9% durante l’ospedalizzazione. Inoltre i soggetti con delirio:

  • erano più anziani (p=0,044)
  • avevano una storia di disturbi cognitivi (p<0,001), ictus/TIA (p=0,046) e utilizzo di zopiclone (p=0,001)
  • avevano concentrazioni elevate di proteina-C reattiva (p<0,001), NT-proBNP (p<0,001) e troponina (p=0,019)
  • avevano ricevuto diagnosi di shock cardiogeno (p=0,007) e sepsi (p<0,001)
  • avevano una maggiore permanenza in UTIC (3 vs 2 giorni; p<0,001) e una ospedalizzazione globale più lunga (11 vs 7 giorni; p<0,001)
  • nel 40% dei casi venivano trasferiti in centri di riabilitazione.


Outcome dopo la dimissione


Con delirio (n=81)Senza delirio (n=370)
Ritorno al proprio domicilio26 (32%)241 (65%)
Trasferimento in centro con supporto infermieristico32 (40%)53 (14%)
Trasferimento in UTI generica3 (4%)5 (1%)
Trasferimento in reparto di geriatria2 (2%)17 (5%)

Dall’analisi univariata sono inoltre emersi i fattori associati alla comparsa di delirio: fecaloma (p=0,008), ritenzione urinaria acuta (p=0,010), posizionamento di catetere urinario (p<0,001) e uso di oppioidi (p=0,002). Dall’analisi multivariata, invece, sono emersi una storia di disturbi cognitivi (p<0,001), l’uso di oppioidi (p=0,009) e la concentrazione di proteina-C reattiva (p=0,001), aggiustati per uso di zopiclone e concentrazione di NT-proBNP.

Per quanto riguarda la morte intraospedaliera, questa si è registrata in 23 pazienti (5%). I fattori associati a tale evento sono risultati essere delirio (p<0,001), frazione di eiezione del ventricolo sinistro (p=0,018), concentrazione di NT-proBNP (p=0,001) e di creatinina (p=0,027) all’analisi univariata e delirio (p=0,005) aggiustato per la concentrazione di NT-proBNP all’analisi multivariata.

La fisiopatologia del delirio non è ancora completamente chiarita, benché si ipotizzi il coinvolgimento di ipoperfusione cerebrale, ipossiemia, squilibrio elettrolitico, neuroinfiammazione, invecchiamento neuronale e distruzione della rete neuronale.

In quest’ottica diventa ancora più importante attuare quelle strategie preventive in grado di limitare i fattori di rischio di sviluppo di delirio nei soggetti anziani ricoverati in UTIC e prestare particolare attenzione alla presenza di sepsi. Il delirio, infatti, influenza non solo la prognosi intraospedaliera, ma anche quella a lungo termine a livello di mortalità e declino cognitivo e funzionale.

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