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L’infiammazione a livello cardiovascolare e sistemico sembra rappresentare un elemento importante in grado di favorire e sostenere lo HFpEF

Recenti evidenze hanno messo in luce il supporto di varie comorbilità infiammatorie allo HFpEF: proprio queste comorbilità potrebbero diventare il target di terapie più efficaci per la gestione della malattia cardiaca


Se lo stress metabolico è un fattore riconosciuto che favorisce lo sviluppo dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (HFpEF), più recentemente è stato osservato il ruolo dell’infiammazione in tale ambito. Sembra, infatti, che questi due fattori si sostengano a vicenda: riconoscere i pathway attraverso i quali agisce in modo specifico l’infiammazione potrebbe essere di aiuto nell’identificare nuovi approcci alla malattia.

Lo HFpEF si associa a morbilità e mortalità elevate:
- 35% tasso di ospedalizzazione a 2 anni
- 14% tasso di mortalità a 2 anni

Per esempio è stato osservato che i macrofagi residenti a livello cardiaco proteggono il miocardio dalle conseguenze dell’obesità, del diabete e dell’ipertensione. Tuttavia, con l’aumentare dell’età, questi macrofagi assumono un fenotipo senescente richiamando i macrofagi periferici per essere da questi sostituiti. Ma i concomitanti elevati livelli di monociti circolanti nei pazienti con HFpEF interagiscono con le molecole di adesione cellulare di derivazione vascolare e si accumulano nel miocardio. Qui si differenziano in macrofagi arricchiti di pathway infiammatori legati al burst respiratorio e al processamento dell’antigene. Inoltre, anche gli acidi grassi possono influire negativamente sulla funzione dei macrofagi, contribuendo all’infiammazione e alla fibrosi.

Le cellule che si accumulano nel cuore non derivano unicamente dall’azione di auto-rinnovamento dei macrofagi residenti, ma possono originare anche dal midollo osseo e da siti extra-midollari come la milza. Inoltre l’infiammazione cardiaca che si osserva nello HFpEF può avere un’origine non immunitaria.

Per esempio i cardiomiociti e i fibroblasti cardiaci, le cellule presenti in maggior numero nell’organo, esprimono componenti dell’inflammasoma NLRP3 (NLR family pyrin domain containing 3), il sensore dell’inflammasoma cardiaco meglio caratterizzato.

Da notare anche come l’obesità favorisca le anomalie bioenergetiche osservate in presenza di HFpEF. Un’esposizione continua a un eccesso di acidi grassi, infatti, contribuisce alla lipotossicità e alla resistenza insulinica che limitano la flessibilità metabolica cardiaca. A sua volta, la limitata flessibilità promuove l’iperacetilazione mitocondriale e l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3.

Particolari acidi grassi polinsaturi, come l’acido arachidonico e l’acido linoleico, inoltre, possono essere utilizzati dai macrofagi per produrre lipidi bioattivi denominati eicosanoidi (attraverso le lipossigenasi, le ciclossigenasi e il citocromo P450), la cui funzione fisiologica legata all’infiammazione è molto varia.

grafico

Modificato da Fig.1, Thorp EB, Filipp M. Annu Rev Pathol. 2025 Jan;20(1):143-167.


In sintesi l’infiammazione legata al metabolismo e all’età può essere un fattore importante nella fisiopatologia dello HFpEF. Benché le terapie antinfiammatorie ad ampio spettro non si siano dimostrate efficaci nel migliorare gli esiti dei pazienti con HFpEF, maggiori risultati si potranno probabilmente ottenere con trattamenti mirati all’infiammazione guidata dalle comorbilità.

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