Una recente review sembra consentire di rispondere in modo affermativo, ma sono necessari ulteriori studi e più approfonditi per poter trarre conclusioni certe (infatti molti studi sono stati condotti su modello murino e i risultati non sono sempre direttamente traslabili sull’uomo).
Al momento, comunque, è stato rilevato un intervento di diversi metaboliti prodotti dal microbiota intestinale, tra i quali acidi grassi a catena corta, ormoni sessuali steroidei, acidi biliari, acido folico, trimetilammina e fenilacetilglutammina.
In particolare, gli acidi grassi a catena corta hanno mostrato proprietà sia pro- sia anti-infiammatorie, potenziando o inibendo la crescita tumorale in base alla loro concentrazione.
Gli acidi biliari interagiscono in modo bidirezionale con il microbiota intestinale, portando alla formazione di un nuovo gruppo di acidi biliari derivati che possono contribuire allo sviluppo o alla soppressione del tumore. Nell’ambito specifico del carcinoma prostatico, un’attività soppressiva è stata registrata per l’acido chenodesossicolico, l’acido litocolico e l’acido ursodesossicolico.
Il testosterone, che si associa a una massiccia presenza di particolari specie batteriche, tra cui Ruminococcus, è legato allo sviluppo di carcinoma prostatico resistente alla castrazione, mentre la presenza di specie batteriche in grado di metabolizzare gli estrogeni attraverso l’azione della β-glucuronidasi coinvolta nella deconiugazione, può determinare un aumento degli estrogeni liberi circolanti e influenzare i meccanismi neoplastici proliferativi.
Uno studio recente ha inoltre evidenziato il ruolo causale di Fecalibacterium, LachnospiraceaeUCG004, Sutterella e Gastranaerophilales nell’aumento del rischio di prostatite.
Più nel dettaglio, i batteri presenti nel microambiente tumorale prostatico possono potenziare il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) attraverso l’interleuchina 6, 8 e il TNFα, inducendo così i pathway di proliferazione delle cellule tumorali.
Inoltre i lipopolisaccaridi che compongono in parte la membrana più esterna dei batteri Gram negativi possono fungere da trigger per i recettori TLR4 a livello del microambiente tumorale prostatico, potenziando ulteriormente le citochine pro-infiammatorie (IL-6, TNFα e TGFβ).
Per quanto concerne l’obesità, sono numerosi i potenziali meccanismi che la collegano a peggiori outcome di carcinoma prostatico.
Per esempio, l’obesità può promuovere la resistenza insulinica aumentando i livelli di insulin-like growth factor (IGF), che a loro volta possono favorire la carcinogenesi attraverso le vie di segnale MAPK e PI3K.
Inoltre l’obesità è associata a un’infiammazione di basso grado cronica, nota per contribuire alla progressione del carcinoma prostatico.
Da ricordare poi che, se vi è un’espansione eccessiva di tessuto adiposo bianco a livello periprostatico, lo stress a cui è sottoposto il sistema vascolare locale può indurre ipossia, in grado a sua volta di stimolare la produzione di chemochine e citochine infiammatorie da parte di macrofagi e leucociti.
Infine l’obesità può influire sui livelli degli ormoni steroidei sessuali circolanti, aspetto da tenere in considerazione dato il significativo e dimostrato ruolo di un elevato rapporto estradiolo/testosterone nella patogenesi del carcinoma prostatico.
Per chiudere il cerchio, si ricorda poi che il microbiota intestinale può esercitare un impatto significativo sullo sviluppo dell’obesità, per esempio con la produzione di metaboliti che possono influenzare il metabolismo energetico, e l’obesità può variare il rapporto fra le diverse specie batteriche intestinali.