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Device avanzati possono integrare le terapie farmacologiche nella gestione del paziente con scompenso cardiaco

Stanno diventando sempre più disponibili device tecnicamente avanzati per la gestione del paziente con scompenso cardiaco complementari alle terapie farmacologiche usualmente prescritte


Nel trattamento dello scompenso cardiaco la terapia farmacologica è stata recentemente affiancata dall’introduzione di nuovi device. Questi strumenti si associano a diversi vantaggi: per esempio sono poco influenzati dall’aderenza terapeutica del paziente, possono intervenire a livello di pathway strutturali e neurologici generalmente non suscettibili ai farmaci, possono migliorare l’emodinamica in soggetti senza concomitante ipotensione o danno renale e, infine, non interagiscono con le terapie farmacologiche in corso.

Esistono diverse categorie di device. Quelli volti al monitoraggio dei parametri fisiologici associati a uno scompenso clinico comprendono i cardiovertitori-defibrillatori impiantabili, i device per la terapia di resincronizzazione cardiaca e quelli per la misurazione della pressione arteriosa polmonare.

Nell’ambito della modulazione elettrofisiologica si può impiegare un device per la modulazione della contrattilità cardiaca, mentre nell’ambito della modulazione autonomica si può ricorrere all’attivazione dei barocettori che, inclusi nei vasi, negli atri e nei ventricoli, registrano le fluttuazioni nella pressione sanguigna e nel volume, oppure all’ablazione del nervo splancnico per aumentare l’output cardiaco.

Per trattare i sintomi dello scompenso cardiaco sono stati sviluppati dei device in grado di modificare la funzione del ventricolo sinistro e della valvola mitralica. Lo shunt interatriale è volto a decomprimere l’atrio sinistro sovraccarico, mentre molti altri device sono stati ideati per operare una ventricoloplastica basale in cui il ventricolo sinistro è rimodellato e il rigurgito mitralico è ridotto.

La riduzione del precarico è uno dei pilastri della terapia farmacologica nello scompenso cardiaco e oggi è stata proposta come obiettivo anche di un intervento tramite device. A questo proposito piccoli studi hanno dimostrato il successo ottenuto dall’ostruzione della vena cava inferiore o di quella superiore con un palloncino. Altro potenziale nuovo target di intervento è il diaframma: poiché, infatti, è stato dimostrato che una disfunzione del diaframma può esacerbare i sintomi dello scompenso cardiaco, si sta valutando l’impiego di un generatore di impulsi a livello di questo muscolo.

Sono necessari ulteriori studi prima di poter utilizzare in pratica clinica i device più recenti, ma è importante che l’evoluzione tecnologica prosegua in questa direzione, in modo da rendere disponibili dei device anche per i soggetti con scompenso cardiaco con frazione d’eiezione preservata, che storicamente hanno beneficiato meno delle terapie basate su dispositivi.

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