Il dolore rappresenta uno dei fattori più disabilitanti della malattia di Parkinson, tuttavia, benché interessi in media il 66% dei soggetti colpiti, mancano ancora strumenti validati per la sua valutazione nella pratica clinica.
Un gruppo di ricercatori italiani ha condotto una survey in una coorte di 89 soggetti con diagnosi di malattia di Parkinson (63% uomini, età media 68,89 anni, durata media di malattia 7,02 anni) per raccogliere informazioni circa le “esperienze di dolore” vissute e le soluzioni adottate per contrastarle.
Il questionario complessivo si è composto di 5 sezioni, dedicate rispettivamente ai dati socio-demografici, alla gestione della malattia, al dolore correlato alla malattia, al questionario Parkinson’s Disease Questionnaire (PDQ) e a quello King’s Parkinson’s Disease Pain Questionnaire (KPPQ). Per l’analisi delle domande a risposta aperta si è ricorso al supporto di un tool di intelligenza artificiale generativa.
Secondo i principali risultati emersi, la durata media del dolore è di 4,94 anni (range 0-20), il 33% dei soggetti ha avuto accesso a centri specializzati per la gestione del dolore mentre il 36% ha evidenziato la mancanza di tali centri nella propria regione. Anche per questo motivo, il livello di soddisfazione della presa in carico da parte dei centri è risultato variabile, con il 42% dei soggetti che si è detto parzialmente soddisfatto e solo il 22% pienamente soddisfatto.
Inoltre il supporto psicologico è stato identificato come fattore essenziale per far fronte alle sfide associate alla malattia, tra cui la gestione del dolore, e ben l’81% degli intervistati ha ritenuto positiva l’implementazione di un servizio di “telefono amico” a supporto loro e delle loro famiglie. Una percentuale ancora maggiore (93%) desidererebbe che il sistema sanitario regionale mettesse a disposizione un servizio di assistenza socio-sanitaria domiciliare qualificato per i pazienti con grado di malattia più avanzato.
Al momento il supporto al paziente sembra derivare essenzialmente dal coniuge, dai figli, dai vicini e dalla presenza di un caregiver dedicato: questa variabilità riflette il livello di indipendenza dei soggetti intervistati, che può determinare la necessità di un aiuto solo per le attività fuori casa o di un’assistenza continuativa.
Infine, poiché i sintomi dolorosi possono variare significativamente in intensità e durata, si rende necessario un approccio personalizzato al singolo paziente che, secondo gli intervistati, dovrebbe essere di natura multidisciplinare e includere clinici di diverse specialità, terapisti, assistenti sociali e caregiver.