Nei disturbi respiratori, la soddisfazione all’utilizzo dell’inalatore da parte di clinici e pazienti rappresenta un importante fattore in grado di guidare la compliance terapeutica durante la terapia di mantenimento.
È stata quindi condotta un’analisi dei dati del Disease Specific Program (una survey cross-sectional rivolta a pazienti americani, europei, cinesi e giapponesi con asma, BPCO o entrambe le patologie in terapia di mantenimento e inviati a visita di controllo routinaria) allo scopo di valutare quali fossero le preferenze sia del clinico che del paziente in termini di inalatore.
In generale gli inalatori a polvere secca (DPI) sono risultati i device più comunemente usati e prescritti, seguiti dagli inalatori predosati (MDI).
Considerando solo le preferenze del clinico è emerso che circa un terzo degli oltre 1200 medici inclusi nello studio ha affermato di non avere preferenze sull’inalatore per la terapia di mantenimento da prescrivere, nonostante le condizioni respiratorie del paziente. Per quanto riguarda i restanti due terzi, invece, l’aumento dell’età del paziente e la severità di malattia sono risultati elementi importanti per la scelta del device, così come la semplicità di utilizzo nel caso di soggetti con una o più comorbilità.
Passando al punto di vista del paziente, la semplicità delle istruzioni per l’impiego dell’inalatore è risultata l’aspetto di maggiore importanza per gli oltre 7000 soggetti arruolati. Qualche differenza si è invece osservata in merito ad altri aspetti: per esempio la semplice trasportabilità e una minima preparazione della dose sono stati ritenuti rilevanti dai pazienti asmatici, mentre quelli affetti da BPCO hanno preferito la robustezza dell’inalatore e la riproducibilità della dose.
Inoltre, dal presente studio è emerso che il sistema di feedback, che segnala quando l’inalazione è stata correttamente completata, è risultato il fattore che ha determinato una maggiore insoddisfazione all’utilizzo del device da parte dei pazienti.