La terapia antibiotica e il controllo dell’origine dell’infezione rappresentano una componente essenziale della gestione del paziente settico.
Negli anni recenti sono state sviluppate tecnologie in grado di agevolare l’identificazione dell’agente infettivo e dei suoi possibili meccanismi di resistenza, in particolare nelle infezioni del tratto respiratorio, che rappresentano la più comune causa di sepsi.
Queste tecnologie sono fondamentali per una personalizzazione tempestiva della terapia antibiotica e la riduzione del burden associato a un sovra-utilizzo di antibiotici, soprattutto in relazione allo sviluppo di batteri difficili da trattare.
Sempre a questo proposito bisogna ricordare che vari fattori, tra cui le caratteristiche farmacologiche, le condizioni del paziente e la via di somministrazione, possono influenzare la concentrazione di antibiotico nel sito di interesse, per cui è necessario valutare attentamente tutte le variabili per determinare la dose di antibiotico ottimale.
È stato poi osservato come un volume superiore di liquidi nelle ore iniziali e inferiore nel corso delle 24 ore si associ a una diminuzione della mortalità nei pazienti con sepsi severa e shock settico. Sembra inoltre che un bilancio positivo dei fluidi totali aumenti la mortalità di 1,7 volte. Nei pazienti a rischio di complicanze per sovraccarico di fluidi, pertanto, un approccio restrittivo può risultare sicuro ed efficace.
Lo shock settico determina importanti danni a livello macro- e microcircolatorio, con un declino della perfusione tessutale e dell’ossigenazione. Adottare una strategia personalizzata costituita da un approccio multimodale e da vasopressori alternativi alla noradrenalina, a cui alcuni pazienti possono non rispondere, può essere una soluzione in casi specifici, ma servono ulteriori evidenze per validare questo approccio.
È invece già stato dimostrato che il controllo tempestivo dell’origine dell’infezione aumenta la sopravvivenza, tuttavia in alcuni casi può essere preferibile temporeggiare. Per esempio alcuni pazienti potrebbero non essere in grado di sopportare un intervento di chirurgia maggiore nella prima ora e quindi come primo step si potrebbe optare per strategie meno invasive.
Per valutare l’efficacia del controllo dell’origine dell’infezione si può ricorrere alla valutazione clinica, alla misurazione di biomarcatori e all’imaging radiologico.
Benché questi nuovi approcci siano promettenti per una migliore gestione dello shock settico, saranno importanti gli studi che ne valuteranno la sicurezza, l’efficacia e la costo-efficacia in diverse popolazioni di pazienti così da identificare i casi in cui la loro applicazione nella routine clinica offra un chiaro vantaggio rispetto allo standard di cura corrente.