L’asma colpisce più di 260 milioni di adulti e bambini nel mondo.
Come intervenire, quindi, per favorire l’aderenza? Ai clinici viene richiesto di valutare la tecnica inalatoria del singolo paziente a ogni visita, così da apportare le dovute correzioni, ma non sempre le condizioni lo permettono: per esempio il tempo di visita potrebbe essere particolarmente ridotto e/o il clinico potrebbe non essere affiancato da personale in grado di supportarlo in questa attività di verifica.
Un aiuto in quest’ambito potrebbe derivare da device di remote patient monitoring (RPM) e remote therapeutic monitoring (RTM).
I device di RTM consentono di registrare l’utilizzo dell’inalatore (che può contenere uno o più corticosteroidi o SABA), mentre quelli di RPM permettono di registrare anche il numero, la data e l’ora dell’inalazione, la durata e il volume dell’inalazione, il picco di flusso inspiratorio (PIF) e quanto espirato all’interno dell’inalatore prima dell’inalazione.
Entrambi i device sono collegati a una app che permette al paziente e al clinico di avere accesso ai dati registrati (salvati su una piattaforma in tempo reale o a specifici intervalli).
RTM e RPM potrebbero aumentare il coinvolgimento del paziente nella gestione del proprio asma.
Per capire quali sono i risultati ottenuti con le prime esperienze di impiego di tali sistemi di monitoraggio, un gruppo di clinici ha condotto una revisione della letteratura valutando il periodo 2000-2024.
Gli articoli selezionati sono stati 19, di cui 14 relativi al RTM e 5 al RPM.
Nonostante le differenze negli studi a livello, tra gli altri, di outcome primari e secondari, in generale RTM e RPM si sono associati a un rallentamento della riduzione dell’aderenza, a una diminuzione del ricorso ai farmaci al bisogno e a un miglioramento nel controllo dell’asma.
Non si è invece registrato un impatto positivo in termini di esacerbazioni di malattia e utilizzo delle risorse sanitarie, ma ciò potrebbe essere dovuto sia ai criteri di arruolamento dei pazienti, che non dovevano necessariamente essere andati incontro a esacerbazioni od ospedalizzazione, sia alla breve durata degli studi (un follow-up di 3-6 mesi potrebbe non essere sufficiente per osservare eventi di interesse).
Altro dato interessante emerso dalla revisione è la necessità di distinguere fra aderenza effettiva e aderenza “tentata”. Mentre la prima viene misurata come proporzione dell’accumulo di farmaco rispetto a un’aderenza del 100% e una perfetta tecnica inalatoria, la seconda viene misurata come tentativo di inalazione al timing adeguato. Bisogna infatti considerare che gli inalatori disponibili sono alcune decine e quindi il paziente potrebbe trovarsi in difficoltà nell’applicare la corretta tecnica inalatoria a ogni singolo inalatore.
I dati oggettivi raccolti tramite RTM e RPM potrebbero rendere più efficace la comunicazione medico-paziente e ridurre le intensificazioni di trattamento non necessarie.
L’analisi della letteratura ha infine ricordato alcune delle barriere all’implementazione di queste soluzioni digitali che sono trasversali allo specifico ambito di malattia, ovvero i costi, la facilità di utilizzo da parte del paziente e la protezione dei dati sensibili.
Secondo gli autori, una volta superate queste barriere, una “cassetta degli attrezzi” composta da strumenti validati per misurare il controllo dell’asma, spirometria, esame per valutare la frazione di ossido nitrico esalata, test cutanei o ematici per stimare la sensibilità agli aeroallergeni, esami per quantificare le immunoglobuline E totali e i livelli ematici di eosinofili, RPM e RTM potrebbe aiutare il clinico a capire se il paziente che si trova di fronte è veramente non aderente alla terapia corticosteroidea, se fa troppo affidamento sulla terapia al bisogno, se ha una scarsa tecnica inalatoria oppure se ha una malattia che non risponde ai corticosteroidi.