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Il freezing del cammino nella malattia di Parkinson potrebbe essere legato a noradrenalina e infiammazione e non solo alla dopamina

Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che il freezing del cammino in corso di malattia di Parkinson possa dipendere non solo dalle variazioni a livello dopaminergico, ma anche da una stretta interazione fra noradrenalina, amiloide β42 e infiammazione


Il freezing del cammino, che si riscontra nei soggetti con malattia di Parkinson e altre forme di parkinsonismi, è ancora oggi poco compreso dal punto di vista fisiopatologico e le opzioni di trattamento sono limitate.

Il freezing del cammino si registra nel 26% circa dei soggetti nelle fasi iniziali di malattia di Parkinson è in più del 60% di quelli con malattia di lunga data (10 anni).

Presenta infatti diversi fenotipi clinici, caratterizzati da una parziale o completa interruzione della progressione del piede e tale interruzione può associarsi o meno a movimenti nella gamba (forma con tremori vs forma acinetica). Variabili sono anche i trigger e la risposta alla levodopa: ciò che è certo è che il freezing del cammino è la causa principale di cadute, con perdita di indipendenza e isolamento sociale.

Quanto sopra ha portato a ipotizzare che il freezing sia in qualche modo indipendente dall’influenza dopaminergica, come del resto supporta il riscontro proprio di freezing nel corso di parkinsonismi privi di deficit dopaminergico e dell’esistenza di un freezing non responsivo alla levodopa nella malattia di Parkinson (freezing presente solo negli stati di OFF farmacologico, solo in quelli di ON o in entrambi).

Secondo un gruppo di ricercatori il freezing potrebbe quindi derivare da una disfunzione in un ciclo di feedback fisiopatologico, che include la deplezione della noradrenalina, la neuroinfiammazione e l’accumulo di amiloide, che avviene parallelamente e separatamente dal classico ciclo dopaminergico della malattia di Parkinson.

Infatti la noradrenalina è ampiamente distribuita nel cervello ed è cruciale per il risveglio, l’attenzione, la risposta allo stress, l’umore e le capacità cognitive, tutti elementi legati allo sviluppo del freezing.

Inoltre studi su modelli animali e in pazienti con malattia di Parkinson hanno evidenziato che la perdita di noradrenalina a livello del locus coeruleus può esacerbare i sintomi motori della malattia, contribuendo alla degenerazione neuronale dopaminergica e attenuando l’effetto terapeutico della levodopa.

Nei pazienti in stadio avanzato di malattia e con freezing è stata poi registrata un’elevata concentrazione dell’amiloide β42 a livello del liquido cefalorachidiano, che rappresenta un driver di infiammazione.

grafico

Diagramma schematico che illustra le interazioni tra i sistemi dopaminergici e non dopaminergici che si ipotizza contribuiscano alla FOG
Modificato da Fig. 6, Factor S, Weinshenker D, McKay J. J Parkinsons Dis 2025;15(2):282-90.


In sintesi, secondo i ricercatori quando in concomitanza alla perdita di dopamina si attivano le interazioni tra noradrenalina, amiloide β42 e infiammazione (già osservate nei modelli di malattia di Alzheimer), queste ultime potrebbero svolgere un ruolo critico nello sviluppo del freezing nella malattia di Parkinson e fungere da marcatori patobiologici: tutti questi elementi potrebbero rappresentare l’oggetto di ricerca di futuri studi clinici.

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