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In una recente metanalisi le infusioni ripetute di levosimendan si sono associate a una riduzione della mortalità in soggetti con insufficienza cardiaca avanzata

Anche se in attesa di studi clinici di adeguata potenza, infusioni ripetute/intermittenti di levosimendan rappresentano una delle poche opzioni efficaci per preservare l’equilibrio emodinamico e sintomatico in pazienti con insufficienza cardiaca avanzata


L’insufficienza cardiaca avanzata può essere descritta come una condizione in cui i pazienti presentano gravi e persistenti sintomi di insufficienza cardiaca (corrispondenti in linea di massima alle classi NYHA IIIb o IV) con grave compromissione funzionale, coinvolgimento degli organi terminali e ricoveri ricorrenti per scompenso, nonostante un trattamento farmacologico ottimizzato.
Si è assistito a una notevole espansione dell’uso intermittente di trattamenti e.v. per prolungare il sollievo dai sintomi oppure come “ponte” in attesa di trapianto cardiaco o di implementazione di dispositivi di assistenza ventricolare.

Levosimendan è indicato per la gestione dello scompenso cardiaco acuto, ma nel corso dei 20 anni trascorsi dalla prima approvazione per l’impiego clinico, vari studi clinici hanno valutato l’impatto di una serie di infusioni intermittenti di levosimendan nell’insufficienza cardiaca avanzata.

Questo farmaco, infatti, da un lato favorisce la contrattilità cardiaca e dall’altro la vasodilatazione, determinando così un miglioramento dell’indice cardiaco/output e una riduzione della pressione sistemica. Una somministrazione intermittente di levosimendan per prevenire eventi di riacutizzazione di insufficienza cardiaca avanzata potrebbe essere supportata anche dal fatto che gli effetti emodinamici del farmaco possono persistere anche più di 7 giorni dopo un’infusione di 12-24 ore per la formazione di un metabolita farmacologicamente attivo con un’emivita maggiore di quella del levosimendan stesso.

Gli effetti emodinamici di levosimendan possono durare >7 giorni dopo un’infusione di 12-24 ore per la formazione di un metabolita attivo dalla lunga emivita.

Nel 2014 un gruppo di clinici ha pubblicato una metanalisi di studi randomizzati su levosimendan nell’insufficienza cardiaca cronica e recentemente ha condotto una nuova revisione della letteratura per aggiornare quanto prima osservato.

La ricerca ha portato all’individuazione di 31 studi (relativi a 3.814 pazienti, di cui 1.744 trattati in modo ripetuto con levosimendan), 9 dei quali erano studi randomizzati e controllati: proprio questi ultimi sono stati alla base della metanalisi effettuata.

Dagli studi non comparativi/non randomizzati/che non hanno considerato la mortalità, essenzialmente da intendere come esploratori e sperimentali, è emerso in generale che infusioni ripetute di levosimendan portano a una stabilizzazione clinica dei pazienti con insufficienza cardiaca avanzata e che il farmaco è stato ben tollerato.

I 9 studi randomizzati e controllati hanno incluso 680 pazienti, di cui 399 hanno ricevuto infusioni ripetute di levosimendan, e hanno registrato 110 decessi.

Dalla metanalisi condotta su tali studi è emerso che una terapia ripetuta/intermittente con levosimendan e.v. si associava a una riduzione significativa della mortalità al maggiore time point disponibile: infatti i pazienti deceduti erano 50/399 (12,5%) nel gruppo levosimendan e 60/281 (21,4%) in quello di controllo (p< 0,01).

Infusioni ripetute di levosimendan si sono associate a una riduzione della mortalità in soggetti con insufficienza cardiaca avanzata: 12,5% vs 21,4% (p< 0,01).

I risultati emersi forniscono un forte razionale per continuare a studiare l’impiego ripetuto di levosimendan nei pazienti con insufficienza cardiaca avanzata attraverso studi clinici di adeguata potenza. Nel frattempo, sembra che l’uso di infusioni ripetute/intermittenti di levosimendan sia diventato una delle poche opzioni efficaci per preservare l’equilibrio emodinamico e sintomatico in questi pazienti


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