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La sorveglianza attiva si è dimostrata un’opzione sicura per la gestione dei pazienti con carcinoma prostatico a basso rischio

Un’analisi dei dati del Global Action Plan Prostate Cancer Active Surveillance ha descritto l’evoluzione del ricorso all’approccio con sorveglianza attiva nei casi di carcinoma prostatico a basso rischio e gli importanti risultati che si sono ottenuti


Grazie agli avanzamenti nelle tecniche diagnostiche è aumentato il numero di pazienti con carcinoma prostatico non solo a basso rischio, ma anche a rischio intermedio, seguiti con un approccio di sorveglianza attiva. Ma quali sono gli outcome di tali pazienti a lungo termine?

In Europa è aumentato il numero di pazienti con carcinoma prostatico a basso rischio ai quali si è applicato un protocollo di sorveglianza attiva.

Un gruppo di clinici ha provato a rispondere effettuando un’analisi retrospettiva dei dati del database GAP3 (Global Action Plan Prostate Cancer Active Surveillance), implementato a partire dal 2014 e che include oltre 26mila pazienti di 15 nazioni.

Nel dettaglio, in questa analisi sono stati considerati 14.623 pazienti, suddivisi in 4 gruppi, ognuno relativo a un periodo di 4 anni tra il 2000 e il 2016.

L’età e il valore di PSA alla diagnosi sono risultati simili nei 4 periodi, mentre negli anni più recenti si è osservato un aumento dei pazienti con malattia T1c. Anche la percentuale di pazienti con carcinoma prostatico a rischio intermedio è variata nel tempo, attestandosi sul 20% circa nel primo e nel quarto gruppo vs il 14% nel secondo e nel terzo gruppo, a evidenziare i cambiamenti a livello, tra gli altri, di criteri di inclusione per la sorveglianza attiva e protocolli occorsi nel tempo nelle raccomandazioni internazionali.

In totale si sono registrate 1.409 morti, nella maggior parte dei casi dovute a cause non note (solo in 22 casi il carcinoma prostatico è stato indicato come causa del decesso). Invece la probabilità a 10 anni di dover interrompere la sorveglianza attiva per passare a un trattamento invasivo del tumore è stata pari al 20% nei pazienti con carcinoma a basso rischio alla diagnosi e al 31% nei pazienti con malattia a rischio intermedio.

Per quanto riguarda i trattamenti eseguiti dopo la sospensione della sorveglianza attiva, la prostatectomia radicale è stata proposta più frequentemente rispetto alla radioterapia (60% circa vs 30% circa).

Sempre il database GAP3 ha dimostrato che la sopravvivenza globale e quella libera da metastasi associate alla sorveglianza attiva sono rimaste stabili o migliorate nei tempi più recenti, con una probabilità di sopravvivenza globale a 10 anni del 78%.

78% di probabilità di sopravvivenza globale a 10 anni.

Infine è importante osservare come la sopravvivenza libera da trattamento sia aumentata nel corso del tempo, a conferma di una sempre migliore accettazione e compliance ai protocolli di sorveglianza attiva.

In sintesi, nei pazienti idonei, la sorveglianza attiva è risultata sicura e associata a una prognosi eccellente.

Inoltre i trend a lungo termine indicano che i tassi di intervento sono andati diminuendo e l’eleggibilità si è ampliata, riflettendo una sempre maggiore fiducia in questo approccio, che potrebbe diventare il gold standard per la gestione del carcinoma prostatico a basso rischio.

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