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Metanalisi sul trattamento con Levosimendan in pazienti con infarto miocardico complicato da shock cardiogeno

Lo shock cardiogeno è la principale causa di morte nei pazienti con infarto miocardico acuto ed è presente in circa il 5% dei casi. Lo shock cardiogeno determina ipotensione, riduzione dell'apporto di ossigeno e inadeguata perfusione che può provocare disfunzione multiorgano


Lo shock cardiogeno è la principale causa di morte nei pazienti con infarto miocardico acuto ed è presente in circa il 5% dei casi. Lo shock cardiogeno determina ipotensione, riduzione dell'apporto di ossigeno e inadeguata perfusione che può provocare disfunzione multiorgano.

Nonostante l'utilizzo di una strategia di rivascolarizzazione precoce e il progresso delle terapie, lo shock cardiogeno rimane la principale causa di morte, infatti presenta un elevato tasso di mortalità ospedaliera che si avvicina al 50%.

La rivascolarizzazione precoce del vaso occluso con ripristino del flusso sanguigno coronarico preferibilmente mediante angioplastica coronarica è la strategia di prima linea per trattare l’infarto miocardico complicato dallo shock cardiogeno.

Uno degli approcci terapeutici prevede di fornire supporto mediante dispositivi meccanici, come l'ossigenazione extracorporea a membrana o ECMO.

Per quanto riguarda il supporto farmacologico dei pazienti con shock cardiogeno l’inotropo di scelta è la dobutamina. Tuttavia, la mortalità dei pazienti in shock cardiogeno rimane elevata. Sono pertanto necessari ulteriori studi per valutare nuovi approcci terapeutici per ridurre la morbilità e la mortalità di questi pazienti.

Il levosimendan è un farmaco calcio sensibilizzante con proprietà vasodilatatrici, in particolare in chirurgia cardiaca esercita effetti positivi dove ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza rispetto alla dobutamina.

L'obiettivo principale di questo studio è rivalutare criticamente la letteratura per valutare se il levosimendan rispetto alla terapia standard è associato a un miglioramento degli obiettivi clinici, in particolare l’aumento della sopravvivenza e il miglioramento dei parametri emodinamici in pazienti con infarto miocardico complicato da shock cardiogeno.

Sono analizzati i dati di studi controllati che confrontano il levosimendan con qualsiasi altra terapia per lo shock cardiogeno in pazienti adulti che riportano almeno uno dei seguenti obiettivi di interesse.

L'obiettivo primario è la mortalità, mentre gli obiettivi secondari sono la durata della degenza in terapia intensiva, il punteggio SOFA, l'indice cardiaco, l'indice della potenza cardiaca, la frazione di eiezione, il volume telesistolico, la pressione sanguigna media, la pressione atriale polmonare, la saturazione di ossigeno venoso misto, la velocità di filtrazione glomerulare e la pressione di occlusione dell'arteria polmonare.

Tredici studi, per un totale di 648 pazienti soddisfano i criteri di inclusione.

Quattro studi riportano un indice cardiaco significativamente più alto nel gruppo levosimendan rispetto al gruppo controllo.

Quattro studi riportano una frazione di eiezione significativamente più alta nel gruppo levosimendan rispetto al gruppo controllo.

Tre studi riportano un volume telesistolico significativamente più basso nel gruppo levosimendan rispetto al gruppo controllo.

Due studi riportano una pressione sanguigna media significativamente più alta nel gruppo levosimendan rispetto al gruppo controllo.

Due studi riportano una pressione atriale polmonare significativamente più bassa nel gruppo levosimendan rispetto al gruppo controllo.

Due studi riportano una saturazione del sangue venoso misto significativamente più alta nel gruppo levosimendan rispetto al gruppo controllo.

La metanalisi in definitiva mostra che il levosimendan è associato a un miglioramento della funzione cardiaca e di molti parametri emodinamici e mostra un trend positivo non significativo di riduzione della mortalità.

Lo shock cardiogeno è molto diverso dalla sindrome da bassa gittata cardiaca. In molti studi e metanalisi, il levosimendan si è dimostrato più efficace delle terapie standard nei pazienti con sindrome da bassa gittata cardiaca.

La differenza più importante tra shock cardiogeno e sindrome da bassa gittata cardiaca è l’ipoperfusione degli organi vitali dovuta alla riduzione delle prestazioni cardiache.

Forse la popolazione di pazienti con sindrome da bassa gittata cardiaca rispetto ai pazienti con shock cardiogeno potrebbero beneficiare maggiormente dall’utilizzo del levosimendan.

Il levosimendan ha un effetto inotropo positivo senza aumentare la concentrazione intracellulare di calcio e senza un aumento significativo della richiesta di ossigeno da parte del miocardio, solitamente osservata con altri inotropi.

Ancora una volta, si è constatato che il levosimendan può migliorare i parametri emodinamici.

Diverse osservazioni cliniche rivelano che il levosimendan migliora l'emodinamica anche nei pazienti con shock cardiogeno se associato alle catecolamine per mantenere un'adeguata pressione di perfusione.

In conclusione Il levosimendan è associato a un miglioramento dell'emodinamica e della funzionalità cardiaca nei pazienti con infarto miocardico acuto complicato da shock cardiogeno.


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Fonte: Fang et al. Med Intensiva. 2018.42.7.409.415

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