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Nel corso della sorveglianza attiva nel paziente con carcinoma prostatico si raccomanda di ripetere la biopsia ogni 2-3 anni

I tool diagnostici resisi disponibili nel corso del tempo hanno ridotto il numero di biopsie non necessarie, ma la valutazione istopatologica rimane l’indicatore più oggettivo per l’interruzione o la continuazione della sorveglianza attiva nel paziente con carcinoma prostatico


Quando è stata introdotta la sorveglianza attiva come alternativa a un trattamento attivo nel carcinoma prostatico l’algoritmo diagnostico consisteva nella misurazione dell’antigene prostatico specifico (PSA) e/o nell’esplorazione rettale, seguiti da una serie di biopsie a sestanti.
Da allora sono diventati disponibili altri tool diagnostici, che hanno ridotto il numero di biopsie non necessarie. Dall’altro lato, però, il paziente che si sottopone a biopsia ha una rilevazione ottimizzata ma anche una variazione del grado patologico, con un possibile rischio di sovra-trattamento.

Benché lo studio DETECTIVE abbia portato a ritenere che un paziente eleggibile a sorveglianza attiva dopo una combinazione di biopsie sistematiche e legate alla RMI non necessiti di una biopsia di conferma, è ancora raccomandata la ripetizione della biopsia ogni 2-3 anni. La valutazione istopatologica, infatti, è la più rappresentativa del reale status tumorale e costituisce il criterio più oggettivo per la continuazione o l’interruzione della sorveglianza attiva.

Durante il follow-up è raccomandato di ripetere la biopsia almeno ogni 2-3 anni

Ne deriva come le decisioni in merito al trattamento dovrebbero essere basate più sulla progressione istopatologica che sull’aumento dei livelli di PSA o sui riscontri di progressione all’imaging. Tuttavia dati di real-life sembrano indicare che vi sia un sottoutilizzo delle biopsie ripetute nella pratica clinica.

I cambiamenti successivi all’introduzione di nuovi tool diagnostici hanno esercitato un impatto anche a livello di ricerca clinica. Per esempio i criteri di eleggibilità alla sorveglianza attiva sono stati ampliati, tanto da includere il grado 2 secondo l’International Society of Urological Pathology tra le caratteristiche favorevoli. Sembra quindi controintuitivo considerare questo grado 2 come endpoint rilevante negli studi sulla sorveglianza attiva: un grado ≥3 potrebbe essere più appropriato.

In sintesi la definizione di carcinoma prostatico significativo e del momento nel quale interrompere la sorveglianza attiva non è ancora stata completamente delineata: una sorveglianza “dinamica” potrebbe essere di supporto per ottimizzare la predizione degli outcome.

Manca ancora una definizione del momento in cui interrompere la sorveglianza attiva.

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