Monitoraggio della profondità dell'anestesia e della nocicezione
Stato attuale e visione per il 2050
La ricerca sullo scompenso cardiaco è sempre in corso: recenti evidenze sottolineano l’importanza e l’azione di ormoni, biomarcatori, patologie concomitanti e funzionalità dell’atrio sinistro
Ad esempio, è stato rilevato che l’ormone tireostimolante (TSH) è un indicatore di prognosi sfavorevole nei pazienti con infarto miocardico acuto, specialmente nei diabetici. Per questo motivo è importante monitorare la funzionalità tiroidea alla ricerca di ipotiroidismo subclinico.
Altre evidenze indicano che la degenerazione maculare legata all’età aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, pertanto prevenire tale degenerazione può ridurre in modo significativo l’incidenza delle malattie cardiovascolari, in particolare dell’infarto.
Una review sistematica ha confermato come i livelli dei biomarcatori neopterina e NT-proBNP risultino significativamente più elevati nei soggetti con scompenso cardiaco rispetto ai controlli sani e nei pazienti con una malattia più avanzata. È stata quindi ribadita l’utilità di tali biomarcatori nella diagnosi di scompenso cardiaco, nella valutazione della gravità di malattia e nel prevedere gli outcome del paziente, tuttavia serviranno ulteriori dati per valutare il loro impatto sulla definizione dell’efficacia del trattamento intrapreso.
Un altro biomarcatore che è importante monitorare con regolarità è la troponina cardiaca. Quando a livelli elevati in pazienti con scompenso cardiaco, infatti, è indicativa di danno cardiaco in corso e si associa a una prognosi peggiore e a un maggior rischio di mortalità. Inoltre la troponina cardiaca T ad alta sensibilità (hs-cTnT) potrebbe rappresentare un utile biomarcatore per identificare una disfunzione subclinica del ventricolo sinistro in soggetti in pre-diabete.
Un recente studio ha invece valutato il rapporto fra il gap anionico sierico e la mortalità per tutte le cause in pazienti con scompenso cardiaco congestizio. I risultati emersi indicano che valori maggiori di gap anionico si associavano in modo significativo a un aumento della mortalità per tutte le cause a 30 e 90 giorni e a 1 e 4 anni: ne consegue che monitorare proprio i livelli di gap anionico possa essere importante per predire gli outcome del paziente.
Una misura che può fornire notevoli informazioni in merito allo scompenso cardiaco è rappresentata dallo sforzo atriale sinistro. Infatti quando ridotto è indicativo di una meccanica atriale compromessa e, più in generale, di una peggiore funzionalità cardiaca. Monitorare lo sforzo atriale sinistro può fornire informazioni aggiuntive rispetto a quelle ottenute con un ECG tradizionale, utili nella valutazione della gravità di malattia e della strategia terapeutica da adottare.
Infine, di particolare interesse è anche l’osservazione che il consumo cronico di grandi quantità di alcol può portare allo sviluppo di una cardiomiopatia alcolica, caratterizzata da dilatazione ventricolare e compromissione della funzione sistolica, che può progredire a scompenso cardiaco. Un motivo in più per tenere sotto controllo il consumo di alcolici.