Diversamente da quanto succede nell’adulto, nella maggior parte dei casi di scompenso cardiaco pediatrico la causa è da ricercare in una malattia cardiaca congenita o in una cardiomiopatia.
Più nel dettaglio, alla nascita lo scompenso cardiaco è dovuto a una cardiomiopatia fetale o a condizioni non-cardiache, come sepsi, ipoglicemia e ipocalcemia. Nella prima settimana di vita, invece, la causa principale è una malattia cardiaca congenita con circolazione sistemica dotto-dipendente, mentre nel primo mese una malattia cardiaca congenita con shunt sinistro-destro. Infine, nell’adolescenza le cause principali sono cardiomiopatie o miocarditi.
Dal punto di vista fisiopatologico, indipendentemente dalla causa esiste un “evento indice” che determina una riduzione della contrattilità dei cardiomiociti, seguita da una riduzione dell’output cardiaco. Quest’ultima viene contrastata da due meccanismi compensatori: l’attivazione del sistema nervoso simpatico e la stimolazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone che, sebbene possano contribuire temporaneamente alla stabilità circolatoria, sul lungo termine possono promuovere la progressione dello scompenso cardiaco.
Il primo passo da compiere nell’approccio diagnostico al paziente pediatrico con scompenso cardiaco è una valutazione clinica non invasiva attraverso un elettrocardiogramma, una radiografia del torace, un ecocardiogramma, analisi di laboratorio (tra cui ematocrito, elettroliti, funzione renale ed epatica, peptidi natriuretici ed emogasanalisi arteriosa) e una risonanza magnetica cardiaca.
L’approccio terapeutico, invece, si deve porre due obiettivi: eliminare la causa dello scompenso cardiaco e controllare i sintomi e la progressione di malattia. Per raggiungere il primo si possono impostare trattamenti correttivi della malattia congenita oppure ricercare e trattare malattie sistemiche o squilibri negli elettroliti. Per raggiungere il secondo obiettivo, invece, si può ricorrere a supporti nutrizionali e a interventi farmacologici volti a ridurre la pressione di cuneo dell’arteria polmonare, aumentare l’output cardiaco e migliorare la perfusione degli organi terminali e rallentare la progressione di malattia. Per esempio si possono impiegare diuretici, ACE-inibitori, beta-bloccanti e farmaci inotropi come la digossina.
Benché la terapia medica abbia migliorato la sopravvivenza e la qualità di vita dei bambini con scompenso cardiaco, ve ne è ancora una percentuale significativa con prognosi scarsa per progressione della malattia o morte cardiaca improvvisa. Questi pazienti possono essere candidati a una terapia con device, in particolare cardiovertitori-defibrillatori impiantabili e i dispositivi per la terapia di resincronizzazione cardiaca.
Nel caso di scompenso cardiaco refrattario il trapianto di cuore viene considerato un trattamento perseguibile. Benché manchino dei trial clinici controllati nell’ambito, vi è un consenso generale sul fatto che il trapianto possa migliorare in modo significativo la sopravvivenza, la capacità funzionale e la qualità di vita dei pazienti.
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