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shallow focus photography of computer codes

Strumenti di IA hanno il potenziale per migliorare l’assistenza ai pazienti, la pratica clinica e la ricerca nell’ambito della cefalea, ma sono ancora molti gli aspetti da valutare prima di una loro ampia diffusione

Garantire la privacy dei dati, colmare le lacune in materia di alfabetizzazione tecnologica e stabilire standard di best practice sono fondamentali per un’adozione diffusa di soluzioni basate sull’IA


Implementare i sistemi di intelligenza artificiale (IA) di nuova generazione nell’ambito della cefalea è di particolare importanza per dare nuovi impulsi alla ricerca sui meccanismi fisiopatologici e sui trattamenti di precisione.

Il board editoriale junior del Journal of Headache and Pain ha quindi elaborato un documento utile a identificare gli strumenti di IA oggi disponibili che potrebbero essere inclusi, in tempi più o meno brevi, nella pratica clinica.

Per esempio, alcuni studi sembrano suggerire che applicazioni digitali con algoritmi in grado di distinguere i giorni con “mal di testa” e i sintomi potrebbero essere di supporto nella diagnosi di cefalea, che i diari digitali potrebbero consentire di registrare i dati quasi in tempo reale e che gli strumenti digitali potrebbero fornire dati in merito a situazioni/condizioni di cui il paziente potrebbe non ricordarsi. A questo proposito va però segnalata l’importanza della “competenza tecnologica”, la cui mancanza potrebbe inficiare i risultati ottenibili con gli strumenti digitali.

I diari elettronici possono aiutare nella diagnosi di cefalea: in uno studio sono stati compilati dal 94% dei pazienti rispetto all’11% che ha compilato il diario cartaceo.

Gli algoritmi di IA potrebbero favorire il monitoraggio sia dei trigger di cefalea sia degli eventi avversi dei farmaci da parte di medico e paziente, evitando inutili ritardi nel caso di pazienti che si recano raramente dal clinico, per esempio per difficoltà negli spostamenti, e favorendo l’intervento del curante tramite un consulto in telemedicina.

In uno studio sulla cefalea cronica, l’uso di un device portatile con realtà virtuale per bio-feedback si è associato a una riduzione significativa del consumo di analgesici in acuto a un follow-up di 12 settimane e a una riduzione dei punteggi alla valutazione della depressione.

Sistemi di IA potrebbero supportare anche un triage efficace, favorendo, attraverso l’analisi dei sintomi e della storia clinica, la distinzione fra cefalea primaria e secondaria e stimando quindi l’urgenza di intervento.

Ma non solo, l’IA, per sue caratteristiche intrinseche, è in grado di gestire grandi moli di dati, pertanto potrebbe analizzare dati genetici, clinici e biomarcatori sanguigni e di imaging per suggerire un trattamento ottimale.

Tuttavia ciò non potrebbe accadere nel momento in cui non venissero assicurate la sicurezza e la riservatezza dei dati. Allo stesso modo, le decisioni cliniche prese sfruttando indicazioni fornite da sistemi di IA portano con sé implicazioni etiche e di responsabilità sull’esito dell’intervento terapeutico. A questo si deve poi aggiungere l’impatto esercitato da potenziali disparità (geografiche, socio-economiche, culturali) nell’accesso agli strumenti digitali e dalla non sempre possibile generalizzabilità dei risultati, per esempio ottenuti su una popolazione particolare in studio.

L’implementazione di strumenti di IA sembra quindi capace, almeno in teoria, di favorire il benessere di medico e paziente, ma i veri risultati nella pratica clinica quotidiana si potranno valutare solo dopo la risoluzione di varie questioni che esulano dall’ambito prettamente clinico.

grafico

Modificato da Graphical Abstract Petrušić I, Ha WS, Labastida-Ramirez A et al. J Headache Pain 2024;25(1):151

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